sabato 7 giugno 2008

EDUNET : MARIASTELLA GELMINI NON PERDE LA BUSSOLA : questo recupero s'ha da fare! entro agosto.




EDUNET
Mariastella Gelmini di fronte alla pecionata Fioroniana dell’OM 92 sui debiti scolastici e successive sanzioni, di fronte all’insurrezione dei Cobas che volevano una spada sciogli-nodi di Damocle in pieno stile condono scolastico, di fronte alle speranzose avances degli studenti che pregustavano di farla franca (todos “promossos” e amen) ha seguito l’unica via che la ragione e il Consiglio di Stato le hanno messo davanti. Ossia un Adelante cum juicio : bruttino, ma inevitabile. Per cui il recupero s’ha da fare e il debito d’ha da pagare.
Altrimenti si ripete.
Questi, evidentemente, sono gli inevitabili retaggi. La mossa di Fioroni, infatti, non era di quelle cui si ribatte con una contromossa; anche perché il viterbese più fico dell’ex governo aveva creato un tale caos che puntellare non ha senso. La scuola ha bisogno di un intervento strutturato e complesso.
Basta con i pannicelli e i cerotti.
La Ministro non ha ancora esposto e discusso al Parlamento la sua linea politica (e non si è ancora confrontata con la solerte ombra Garavaglia, che credo di scuola non ne sappia più della giovane titolare). Ma soprattutto è difficile pensare che Gelmini abbia già un quadro completo della spinosa realtà scolastica attuale. L’intervento dovrà essere importante; speriamo sia efficace e cominci dalla scuola vera. Uno sguardo sui prossimi esami di stato potrebbe esserle utile ma nulla sarà più efficace che accostare direttamente la realtà degli insegnanti e del mondo giovanile.
La lunga deriva fioroniana deve finire.
Ha ddà passà.
Per cui, per il bene della scuola, è saggio attendere.
Ma senza distrazioni.

EDUNET : Bambini, circoncisione e difesa della vita dal concepimento


Bambini, circoncisione e difesa della vita
Abbiamo tutti letto, o sentito, la notizia della morte, seguita a una circoncisione eseguita in casa, del neonato di due mesi.
Ci siamo tutti, credo, addolorati e indignati.
Poi sono iniziati i commenti e le apostrofi contro la cultura e la religione musulmana che prescrivono questa pratica.
E’ vero: non si deve mai nuocere ad un bambino in nessun modo, ed è orrore ogni atto che possa fargli del male, tanto più se questo gli procura la morte.
E’ inevitabile, nondimeno, chiedersi se tra le voci indignate ci siano solo quelle di persone che considerano davvero sempre sacre e inviolabili le vite e le persone dei bambini.
O se invece tra queste voci non ci sia anche qualche civilissimo o civilissima abortista.
Infatti, chi si è scandalizzato ed ha accusato la famiglia nigeriana dovrebbe tener conto che la morte del tenero neonato di due mesi non era voluta, mentre interrompere volontariamente una gravidanza implica l’assumere una scelta che, anche se praticata professionalmente e in ambienti asettici, vuole la soppressione di una vita.
Chi provoca la morte di un bambino è colpevole e barbaro? Certamente.

Ma chi condivide la convinzione che la vita di un bambino sia tale fin dal concepimento non vede maggior male o dolore nel provocare la morte con una pratica tradizionale e esercitata con imperizia che nell'aborto.
Chi dunque lanciasse feroci accuse, farebbe bene ad esprimere le sue opinioni, ma è auspicabile sappia essere coerente con la difesa della vita dei bambini: sempre.

lunedì 2 giugno 2008

MADRI, nonostante gli psicologi




Nessuno può lanciare la prima pietra contro la mamma che ha dimenticato la sua bambina in automobile, con le conseguenze tragiche che sappiamo. Nessuno. Perché la tragedia l’ha colpita e segnata in modo irreversibile e nulla più può essere detto. Solamente l’umana pietas (che va più in là della comune eppur nobile compassione che ci accumuna nella condizione del soffrire insieme) deve ispirarci nel rivolgerle un pensiero.
Invece sgomentano le diagnosi e le opinioni degli psicologi che non si sono fatti mancare l’occasione per esprimere pareri e consulenze ed hanno sentenziato: “si tratta della sindrome della mamma acrobata: la madre acrobata coordina dal proprio posto di lavoro i passaggi del proprio cucciolo tra persone e istituzioni che la sostituiscono. E’ la paurosa metafora della nostra vita metropolitana: accadrà ancora.”
Ebbene questo non possiamo condividerlo. In questo modo si formula una diagnosi preoccupante e che potrebbe diventare una categoria in cui incasellare ben altri fatti, egoismi e sofferenze che ricadono comunque sui nostri bambini, e non solo su madri in vario modo e misura sofferenti.
Non credo sia giusto dare una definizione e una diagnosi senza indicare le cause più generali e complete di un possibile malessere di queste dimensioni e gravità.
Come possiamo sostenere che una comune condizione di vita, per quanto frenetica, assillante ed alienante conduca a simili tragedie? Se accettiamo che l’esistenza della donna contemporanea possa condurre alla sindrome della madre acrobata dovremmo affrettarci a ricostruire il nostro mondo, a smantellare tutta la realtà sociale e il ruolo delle donne nel mondo del lavoro.
Se quello che è successo è causato dal tipo di vita di relazioni e lavoro al quale si conformano oggi le donne, allora c’è molto da rifare urgentemente.
Se invece ci sono situazioni eccezionali, estreme, forse patologiche e personali (sulle quali non sarebbe giusto né pensabile qui indagare) allora si eviti di lanciare una definizione al di fuori dell’ambito strettamente medico o professionale.
Perché potrebbe accadere che i prossimi quindici – trenta giorni di talk-show televisivi (mattutini-pomeridiani-serali) vengano inondati di psicologi presenzialisti, ma non solo: soprattutto di presunte mamme-acrobata (opportunamente sfocate in video) che declameranno il loro malessere contagiandosi e impanicandosi con un effetto domino. Ci potrebbero essere interviste, confessioni, scene isteriche in diretta; e a casa ricatti e accuse e vittimismi reciproci: “Sono una mamma acrobata!”, “Ti sbagli, sono io, il padre, l’acrobata!”. E ci potrebbero essere piccoli bambini che si terrorizzano.
Con tutto il necessario rispetto dovuto a chi esercita una professione delicata, credo che la psicologia non sia una materia che si possa mandare allo sbaraglio per affidarla a opinioni o analisi, nonché diagnosi fai-da-te; e si sbaglia a volere uno psicologo dovunque, come il prezzemolo in ogni minestra.
Per controbilanciare l’effetto di queste preoccupazioni ho pensato a ben altre eroine senza sindromi.
Ho pensato, dunque, alle mamme che difendono e proteggono da sempre (ora come in passato) i loro bambini durante le guerre e le carestie, a quelle che affrontano ed hanno affrontato sciagure naturali ed epidemie o malattie e miserie personali. A quelle che sono riuscite a inventare la sopravvivenza giorno per giorno.
Ho pensato anche a un personaggio che ho sempre amato: alla protagonista del romanzo “La Storia” di Elsa Morante (forse il più straordinario libro sulla seconda Guerra Mondiale) in cui una poverissima maestra ebrea, né bella né giovane, viene violentata da un soldato tedesco ubriaco e concepisce, fa nascere e cresce tra mille paure e tenerezze il piccolo Useppe : un gracile ed epilettico figlio da nascondere e nutrire nella Roma affamata e travolta dalla guerra. E arriva fino in fondo alla sua storia senza dimenticarlo nemmeno un attimo.

Mi sono chiesta se …